Tutti noi abbiamo sentito parlare di malattie ereditarie e di malattie multifattoriali, ma cosa si intende esattamente con questi termini?
Per capire meglio questi concetti è importante comprendere il significato di “ereditarietà”, “DNA” e “gene”.
Cos’è l’ereditarietà
L’ereditarietà consiste nella trasmissione dei caratteri da una generazione a quella successiva. Questi caratteri possono essere “fisici o anatomici”, ossia osservabili macroscopicamente, come il colore degli occhi o la forma del naso, o “biologici”, ossia valutabili solo a livello biochimico o molecolare, come nel caso dei gruppi sanguigni o della presenza di un enzima difettoso che può causare una patologia.
Questi caratteri sono detti caratteri ereditari e sono determinati geneticamente, ossia dipendono da uno o più geni presenti nel nostro DNA. L’ereditarietà è quindi basata sulla trasmissione del patrimonio genetico da ciascun genitore a quello dei figli.
Com’è fatto il DNA e cos’è un gene
Il DNA è una lunghissima molecola formata da unità fondamentali denominate nucleotidi. I nucleotidi che costituiscono il DNA sono di quattro tipi: A, T, C e G. In ogni filamento di DNA i nucleotidi sono uniti tra loro similmente alle perle di una collana e la loro sequenza costituisce un “messaggio”.
Tale messaggio è codificato a triplette, ossia tre nucleotidi alla volta. Esistono molte triplette diverse nel DNA, infatti se consideriamo solo A, T e G vediamo che possiamo avere 6 diverse triplette: ATG, AGT, TAG, TGA, GAT e GTA; se consideriamo tutti e quattro i nucleotidi, le possibili triplette diventano ben 64. Il susseguirsi delle triplette nel DNA forma un vero e proprio messaggio in grado di essere letto dall’apparato biosintetico delle nostre cellule per essere tradotto in una proteina.
In genetica si definisce gene una sequenza di DNA in grado di codificare per una proteina.
Poiché ogni proteina ha una funzione biologica, possiamo anche dire che un gene è una sequenza di DNA in grado di codificare per una funzione biologica.
Per funzione biologica si intende una funzione strutturale (come ad esempio nel caso dei muscoli, dei tendini e dei capelli) o una funzione enzimatica (come ad esempio nel caso degli enzimi del metabolismo).
Il patrimonio genetico degli essere umani è costituito da migliaia di geni, ognuno dei quali è presente in duplice copia, una ereditata dalla madre e una dal padre.
Cos’è una malattia ereditaria
La sequenza nucleotidica del DNA degli esseri umani è in gran parte uguale (conservata) nei diversi individui, ma esiste un certo grado di variabilità e ciascuno di noi presenta delle differenze. Alcune differenze nella sequenza nucleotidica del DNA possono comportare una mutazione che causa una variazione nella funzione biologica della proteina codificata dal gene.
Questo tipo di mutazioni sono generalmente nocive e possono determinare l’insorgenza di una o più malattie. Queste malattie, essendo “scritte” nel DNA, vengono trasmesse dai genitori ai figli esattamente come i caratteri ereditari e sono pertanto definite malattie ereditarie.
Le malattie ereditarie possono essere causate dalla mutazione di uno o più geni, ma in ogni caso esse hanno una base totalmente genetica e non dipendono da altri fattori, esattamente come avviene per il colore degli occhi o la forma del naso, per i quali fattori quali l’alimentazione o l’esercizio fisico non hanno alcuna rilevanza.
Quando una malattia ereditaria è causata dalla mutazione di un solo gene si parla di malattia monogenica e le regole di trasmissione sono piuttosto semplici (qui sotto l’esempio di trasmissione di una malattia ereditaria monogenica autosomica recessiva).
Quando una malattia ereditaria è determinata dalla mutazione contemporanea di più geni, essa è definita malattia multigenica e la sua ereditarietà, anche se basata anch’essa su fattori unicamente genetici, è molto più complessa di quella di una malattia monogenica.
In oculistica esistono diverse malattie ereditarie, come ad esempio l’amaurosi congenita di Leber, la malattia di Stargardt, la retinite pigmentosa, la coroideremia, la retinoschisi legata all’X, le distrofie dei coni, la sindrome di Usher, la cromatopsia etc.
Cos’è una malattia multifattoriale
Abbiamo visto che la sequenza nucleotidica del DNA degli esseri umani è in gran parte conservata, ma esiste un grado di variabilità che fa sì che ciascuno di noi presenti delle piccole differenze. Il più delle volte le differenze nella sequenza nucleotidica del DNA determinano semplicemente una variabilità genetica o polimorfismo – come ad esempio nel caso dei diversi gruppi sanguigni – e non necessariamente una patologia.
Le patologie multifattoriali dipendono in parte dall’assetto complessivo del patrimonio genetico di un individuo e in parte da fattori ambientali e comportamentali. Dal punto di vista genetico, la patologia dipende da più geni, per ognuno dei quali esistono più varianti genetiche, alcune delle quali possono essere corresponsabili di una maggiore suscettibilità genetica o predisposizione genetica per una data patologia.
Bisogna prestare attenzione al concetto di “corresponsabilità”: nelle malattie multifattoriali nessuna variante genetica è responsabile, da sola, della patologia. Oltre alla suscettibilità genetica, nelle malattie multifattoriali influiscono fortemente anche i fattori ambientali e comportamentali, che spesso risultano fondamentali nel determinare l’insorgenza di una patologia.
Molte patologie oculari sono malattie multifattoriali, un esempio importante di patologia oculare multifattoriale è dato dalla degenerazione maculare legata all’età, anche nota come maculopatia senile o AMD, che dipende dalla coesistenza di determinate varianti geniche di diversi geni ma anche da fattori ambientali e comportamentali, quali ad esempio l’abitudine al fumo di sigaretta, l’eccessiva esposizione ai raggi UV, la scorretta alimentazione, la mancanza di attività fisica etc.
L’importanza della prevenzione per le malattie multifattoriali
È molto importante comunicare al proprio oculista l’eventuale esistenza di una patologia oculare multifattoriale ricorrente in famiglia, poiché ciò contribuirà a determinare se il rischio di sviluppare la patologia “familiare” è trascurabile o elevato. In caso di rischio elevato, l’oculista potrà consigliare un piano di prevenzione che aiuti il paziente a cercare di evitare o ritardare l’insorgenza della patologia in questione.