Consulente oculista: Prof. Dr. med. Andrea Cusumano di Rome Vision Clinic
La corioretinopatia sierosa centrale (CSCR) è una patologia oculare che determina un distacco focale del neuroepitelio, con conseguente danno alla macula e deficit nella visione centrale. Questa malattia insorge prevalentemente in individui di sesso maschile, di età compresa tra i 20 e i 55 anni e che presentano una personalità e/o uno stile di vita che comportano stress prolungato associato a iperattività adrenergica e iperproduzione di cortisolo. La CSCR è diagnosticata mediante tomografia a coerenza ottica (OCT) e angiografia a fluorescenza (FAG e ICGA) e può essere trattata con la terapia fotodinamica (PDT) a bassa fluenza. Le recidive rappresentano un pericolo da non trascurare e devono essere combattute mediante l’eliminazione dei fattori stressogeni.
Cos’è la corioretinopatia sierosa centrale (CSCR)
La corioretinopatia sierosa centrale (CSCR, dall’inglese Central Serous Chorioretinopathy) è una patologia oculare che colpisce la retina e causa il distacco sieroso della retina neurosensoriale – ovvero dello strato retinico costituito dalle cellule deputate alla visione – dall’epitelio pigmentato retinico (RPE), un tessuto di tipo epiteliale (non sensoriale) funzionalmente separato ma strutturalmente e anatomicamente associato alla retina, di cui è parte integrante. In condizioni fisiologiche normali, l’epitelio pigmentato retinico è perfettamente integro e adeso alla retina neurosensoriale e media il trasporto di ossigeno e nutrienti dalla coroide, il tessuto ricco di vasi sanguigni che si trova sotto la retina. Il distacco della retina neurosensoriale dall’epitelio pigmentato retinico è causato da due eventi che si verificano contemporaneamente: 1) l’essudazione (leakage) di siero dai vasi sanguigni della coroide e 2) la perdita dell’integrità strutturale dell’epitelio pigmentato retinico. La concomitanza di queste due condizioni fa sì che il fluido proveniente dalla coroide passi attraverso le piccole discontinuità presenti all’interno della struttura dell’epitelio pigmentato retinico e vada a confluire sotto lo strato neurosensoriale della retina, accumulandosi e determinando un distacco focale cui consegue un proporzionale deficit visivo.
Cause e fattori di rischio per la corioretinopatia sierosa centrale
La corioretinopatia sierosa centrale colpisce prevalentemente gli uomini (85% dei casi), in particolare quelli di età compresa tra i 20 e i 55 anni e che presentano una personalità iperattiva, molto competitiva o aggressiva e/o che sono esposti a situazioni continue di stress; anche gli individui particolarmente introversi, che presentano alterazioni della personalità e tendono ad isolarsi dalle relazioni sociali sembrano più colpiti dalla CSCR. Entrambi questi gruppi di persone presentano spesso iperattività adrenergica che, protratta nel tempo e associata a fattori stressogeni, può portare a un’iperproduzione di catecolamine, cortisolo, epinefrina e altri fattori vascolari locali che favoriscono l’insorgenza di una serie di patologie, tra cui l’ipertensione sistemica (84% di rischio) e disturbi cardiovascolari. Alte concentrazioni di catecolamine sono associate a livelli elevati di stress, compreso quello derivante da esposizione a elementi ambientali dannosi, quali l’inquinamento acustico e l’esposizione eccessiva a luce molto intensa.
L’incremento patologico dei livelli ematici di cortisolo e di epinefrina porta a uno sbilanciamento metabolico e alla perdita della capacità di regolazione della coroide, la quale si ispessisce a tal punto da compromettere meccanicamente la continuità anatomica dell’epitelio pigmentato retinico, causando così la formazione di piccole “falle” al suo interno. Questo meccanismo può essere indotto anche dall’uso di farmaci, in particolar modo dei cortisonici, soprattutto se somministrati per via sistemica.
L’aumento di produzione del cortisolo ematico è favorito anche da altre condizioni, quali la gravidanza, la sindrome di Cushing, il lupus eritematoso, l’emodialisi e il trapianto di organi.
Sintomi della corioretinopatia sierosa centrale
La corioretinopatia sierosa centrale esordisce in genere in un solo occhio e può essere asintomatica. Nei quadri clinici più gravi, la malattia ha un decorso più veloce e determina il sollevamento della regione centrale della retina, la macula, responsabile della visione fine e dettagliata, causando deficit visivi piuttosto importanti, quali:
- diminuzione di entità variabile dell’acuità visiva,
- visione più scura e/o sbiadita dei colori,
- visione distorta o discontinua delle linee rette (che possono essere percepite curve e/o spezzate),
- percezione molto ridotta della dimensione degli oggetti (micropsia),
- presenza di uno scotoma (macchia scura) nella visione centrale.
Questi sintomi possono presentarsi con severità variabile, ma tutti richiedono una visita oculistica approfondita e urgente.
Esami diagnostici per la corioretinopatia sierosa centrale
La diagnosi e il monitoraggio della corioretinopatia sierosa centrale devono essere eseguiti grazie all’ausilio di esami strumentali di ultima generazione. La tomografia a coerenza ottica (OCT) permette di visualizzare il sollevamento maculare retinico, evidenziando anche distacchi minimi della retina neurosensoriale, individuando così anche casi di CSCR allo stadio iniziale e ancora asintomatici; l’OCT rende inoltre possibile evidenziare le alterazioni strutturali che permangono all’interno della retina e che in alcuni casi sono alla base di un mancato recupero funzionale dopo un trattamento. L’angiografia a fluorescenza con fluoresceina (FAG) e con verde indocianina (ICGA) permettono di osservare 1) il “leakage” di fluido che, originatosi a livello dei vasi sanguigni della coroide, ha invaso lo strato sottoretinico e 2) i vasi sanguigni della coroide.
Trattamenti per la retinopatia sierosa centrale
Il tessuto coinvolto nel danno provocato dalla corioretinopatia sierosa centrale, l’epitelio pigmentato retinico, deve la sua integrità a delle strutture cellulari che rafforzano il legame tra le cellule; tali strutture, i desmosomi e gli emidesmosomi, vengono compromessi dall’ispessimento della coroide e dalla conseguente deformazione meccanica dell’epitelio pigmentato retinico. Per ovviare al danno, si ricorre alla terapia fotodinamica a bassa fluenza con verteporfirina (PDT), in grado di rafforzare i legami tra le cellule, ristabilendo l’integrità strutturale dell’RPE e l’aderenza tra l’RPE e la retina neurosensoriale, prevenendo anche ulteriori perdite e accumuli di fluidi nello spazio sottoretinico.
La PDT prevede l’iniezione di una dose di verteporfirina di circa 3mg/m2 mediante un’infusione della durata di circa 8-10 minuti, al termine della quale si attendono circa 2 minuti, il tempo necessario perché la verteporfirina si leghi alle aree della retina interessate da permeabilità alterata; successivamente si dirige su tali aree un raggio laser che attiva la verteporfirina, che innesca così un meccanismo di riparazione del danno intravasale e intercellulare. In questo modo, nella quasi totalità dei pazienti trattati si assiste al completo riassorbimento del distacco della retina neurosensoriale e/o del distacco dell’epitelio pigmentato già a distanza di 3-4 settimane dal trattamento. La terapia fotodinamica con verteporfirina riesce a interferire con le giunzioni intercellulari dell’RPE ristabilendo, mediante meccanismi d’azione non completamente noti, la continuità anatomica dello strato trattato e riparando le “falle” che permettono la migrazione trans-epiteliale dei fluidi e la loro raccolta nello spazio sottoretinico. La PDT viene impiegata nel trattamento della CSCR cronicizzata e acuta e nel trattamento delle epiteliopatie diffuse ad andamento progressivo.
La PDT deve essere effettuata in centri altamente specializzati e standardizzati dal momento che il successo del trattamento dipende dalla perfetta combinazione di diversi parametri associati: (a) intensità della radiazione laser, (b) diluizione endovenosa della verteporfirina, (c) diametro dello spot laser, (d) identificazione dell’area specifica oggetto del trattamento radiante.
La CSCR, in alcuni casi, può riassorbirsi spontaneamente, con una riduzione o una scomparsa della sintomatologia; se invece la patologia persiste nel tempo si possono determinare un rimaneggiamento e un’atrofia irreversibile dell’epitelio pigmentato retinico. L’alternanza di periodi di remissione e di recidive è molto frequente e a ogni recidiva si accompagna sempre un sovvertimento anatomico e una successiva riorganizzazione dell’area danneggiata; quando la recidiva riguarda la zona foveale, ovvero la parte più centrale della macula, si assiste sempre, anche dopo una remissione apparentemente completa, a un rimaneggiamento anatomico cui segue un’alterazione e quindi uno scadimento della funzionalità visiva. Le recidive sono quasi sempre ritrattabili con PDT.
Consigli per evitare le recidive
Dopo aver curato la corioretinopatia sierosa centrale mediante PDT, bisogna focalizzare l’attenzione sull’eliminazione di quei fattori esterni che determinano stress e nervosismo. Spesso viene consigliato ai pazienti di effettuare una psicoterapia familiare per individuare ed affrontare eventuali problemi relazionali e modificare – laddove possibile – alcuni stili di vita. Quando è consentito, si può valutare anche l’eventualità di modificare/cambiare l’attività lavorativa al fine di ridurre, se non eliminare completamente, i fattori di stress ricorrenti che agiscono a livello biochimico e innescano lo sviluppo della CSCR. Sono inoltre altamente consigliate tutte quelle attività che possono contribuire alla riduzione dello stress, come ad esempio l’esercizio fisico, la meditazione, lo yoga etc.
Allo stesso modo, è necessario evitare l’assunzione di qualsiasi medicinale noto come fattore scatenante della CSCR, che può indurre in soggetti a rischio una destabilizzazione delle strutture anatomiche oculari coinvolte nell’insorgenza della patologia. Tra i medicinali più pericolosi ricordiamo i cortisonici, anche in forma di crema o spray nasale, e alcune molecole presenti nei mezzi di contrasto.